Gli Avvocati: il profilo dei professionisti e i loro redditi

Gli Avvocati: il profilo dei professionisti e i loro redditi ‒ Impatto della pandemia sulla professione. Rapporto Censis 2021 sull’avvocatura ‒
L’aggiornamento dei dati al 2020 porta a 231 mila 295 il numero degli avvocati attivi iscritti a Cassa forense, vale a dire quasi quattro avvocati attivi ogni 1000 abitanti (3,89; tab. 1).

Sempre considerando l’insieme degli attivi iscritti alla Cassa, il 2020 potrà essere ricordato come l’anno in cui si consolida il sorpasso delle donne avvocato sugli uomini: 115mila 724 contro 115mila 571. Tale situazione si era già manifestata al Nord negli anni più recenti.
Quasi il 45% degli attivi esercita la professione nelle regioni meridionali, mentre la classe d’età più consistente fra quelle considerate è quella compresa fra i 40 e i 49 anni con il 38,8% degli iscritti attivi. Gli over 50 superano comunque gli ottantamila iscritti, più di un terzo del totale.
Dal lato del reddito professionale medio, dichiarato dagli iscritti e relativo al 2019, il valore di riferimento è di 40.180 euro (tab. 2).
Se si confrontano le diverse componenti – genere, età, area geografica – anche per il 2019 si confermano le differenze che penalizzano le donne (con un reddito medio pari al 62,4% di quello riferito al totale), i più giovani, ma anche i non più giovani (bisogna varcare la soglia dei 50 anni per raggiungere il livello medio), chi risiede nelle regioni meridionali, dove lo scarto rispetto al dato nazionale è poco più di 16mila euro (40 punti percentuali) e di oltre 33mila euro rispetto al dato medio del Nord del Paese.
Lo scarto è di oltre 50mila euro se si confronta la regione Lombardia con la Calabria.
Osservando il dettaglio delle classi di reddito – escludendo dal computo i redditi non dichiarati e portando quindi a 221mila la base di riferimento per le classi di reddito – la percentuale dei segmenti fino a 20mila euro sale al 53,5%.
Circa la metà, infatti, non supera questa soglia, e nello stesso tempo, fra il 2018 e il 2019, la quota compresa fra i 20 e i 50mila euro cresce di tre punti percentuali. Resta comunque superiore al 30% la parte di avvocati iscritti che realizza un reddito fino a 10mila 300 euro (tab. 3).
Al di sopra dei 50mila euro, tenendo come base l’insieme dei redditi effettivamente dichiarati, vanno a collocarsi il 18,5% degli iscritti attivi.


UN nuovo tipo di finanziamento: il pegno mobiliare non possessorio

Un nuovo tipo di finanziamento: il pegno mobiliare non possessorio
Le imprese possono ora utilizzare uno strumento innovativo, agile, volto a favorire l’accesso al credito, che permette loro di ricorrere ad un finanziamento esterno sia con Istituti di credito sia con altri soggetti senza privarsi della disponibilità dei beni su cui concederanno la garanzia.
Il pegno mobiliare non possessorio non prevede lo spossessamento del bene concesso in pegno e la consegna del medesimo al creditore o al terzo designato dalle parti, perfezionandosi invece al momento della stipula del contratto costitutivo del pegno.
I beni che possono essere oggetto di pegno mobiliare non possessorio sono i beni mobili anche immateriali e i crediti destinati o inerenti all’esercizio dell’impresa
In concreto, quindi, potranno essere oggetto di pegno non possessorio sia macchinari industriali che diritti di proprietà intellettuale e partecipazioni societarie
Da precisare che affinché sia opponibile a terzi l’ atto costitutivo del pegno dovrà essere iscritto all’interno del Registro informatico per l’iscrizione dei pegni mobiliari non possessori, che dovrà essere attivato entro il 25 aprile 2022.

Nuovo processo civile telematico

IL PROCESSO CIVILE TELEMATICO CHE VERRA’-LE NOTIFICAZIONI
Sono previsti interventi in tema di notificazioni per via telematica e di depositi telematici (oltreché di celebrazione delle udienze); alcune disposizioni meritevoli di particolare attenzione riguardano:la previsione che quando il destinatario di una notifica sia un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o quando il destinatario ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale, la notificazione stessa debba essere eseguita esclusivamente per via telematica.

Il processo civile telematico in tempo di covid

Sino al termine del corrente anno varranno ancora immutate le regole processuali ben note al tempo dell’emergenza sanitaria e cioè, in particolare:
* l’obbligo di pagamento del contributo unificato esclusivamente mediante strumenti telematici; * la possibilità di disporre la celebrazione delle udienze con trattazione scritta e da remoto mediante utilizzo della piattaforma “teams” di Microsoft; * la possibilità di effettuare depositi telematici in Corte di Cassazione; * la possibilità di ottenere il rilascio della formula esecutiva per via telematica.
Nel contempo il Parlamento è intervenuto sull’intero rito, dando il via libera alla legge delega di riforma del processo civile; con legge 26 novembre 2021, n. 308, è stata infatti data delega al Governo di emanare “uno o più decreti legislativi recanti il riassetto formale e sostanziale del processo civile, mediante novelle al codice di procedura civile e alle leggi processuali speciali, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile, nel rispetto della garanzia del contraddittorio”.

La mediazione digitale in tempo di COVID – Parte III – La conservazione documentale

La mediazione digitale in tempo di COVID – Parte III – La conservazione documentale

Terminato l’iter di formazione del documento, si aprono i veri e propri problemi di gestione e conservazione documentale. A tal fine, la norma prevede la necessaria trasmissione dell’accordo alla PEC degli avvocati difensori delle parti; questo adempimento è infatti funzionale a fornire un riferimento temporale ex art. 41 dpcm 22 febbraio 2013 in grado di convalidare la validità della firma digitale anche dopo la scadenza del relativo certificato .
È bene però tenere presente che attraverso tale adempimento si assicura la sola validità della firma digitale ma non viene compiuta alcuna azione di tutela del documento informatico in generale; per raggiungere tale obiettivo l’accordo di mediazione dovrà essere assoggettato ad un processo conservazione digitale che rispetti le norme del codice dell’amministrazione digitale e le linee guida dettate dall’Agenzia per l’Italia Digitale, la cui piena entrata in vigore è prevista per il 1° gennaio ’22 ( per il periodo precedente, le regole tecniche di cui al dpcm 3 dicembre 2013).
Il relativo onere non può che cadere sull’Organismo di mediazione in favore del quale l’avvocato mediatore ha prestato la sua opera; l’avvocato che ha ricevuto comunicazione dell’accordo via PEC potrà procedere a conservazione della stessa per propria comodità ma certamente ciò non sgrava in alcun modo l’Organismo di mediazione dai propri obblighi di tenuta dell’archivio digitale.
È bene che si abbia contezza di tale aspetto, che non è secondario, anzi è fondamentale al punto che sarebbe opportuno evitare la stipula di accordi digitali laddove non si fosse in grado di assicurare anche un processo di conservazione a norma; processo che potenzialmente deve assicurare una conservazione perpetua di accordi che potrebbero essere azionati anche a distanza di anni. Laddove infatti l’Organismo di mediazione, su richiesta dell’interessato, non fosse in grado di rilasciare una copia integra e leggibile dell’accordo incorrerebbe in responsabilità civile e soprattutto frustrerebbe le esigenze di tutela del cittadino, venendo perciò meno ai propri doveri istituzionali.


La mediazione Digitale in tempo di COVID – Parte II

La mediazione Digitale in tempo di COVID – Parte II

La regolamentazione normativa è andata anche oltre e ha interessato anche la fase successiva alla stipula dell’accordo, ovvero quella, eventuale, che può scaturire dalla necessità di eseguire in via forzata gli obblighi assunti dalle parti. A tal fine si è perciò previsto che l’istanza di notificazione dell’accordo di mediazione può essere trasmessa all’ufficiale giudiziario mediante l’invio di un messaggio di posta elettronica certificata. L’ufficiale giudiziario ha il compito di estrarre dall’allegato del messaggio di posta elettronica ricevuto le copie analogiche necessarie ed esegue quindi la notificazione ai sensi degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, mediante consegna di copia analogica dell’atto da lui dichiarata conforme all’originale ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
Un’attenta lettura del dettato normativo porta dunque a considerare come sia stato costruito un vero e proprio procedimento che consente la gestione digitale dell’accordo di mediazione e del titolo esecutivo dalla formazione sino alla messa in esecuzione.
Innanzitutto, come detto, ci si trova di fronte ad una norma che non è legata all’emergenza sanitaria e che potrà tornare molto utile in ogni occasione in cui una delle parti sia lontana dalla sede dell’organismo di mediazione. In secondo luogo è interessante notare come sia stato risolto il problema del cliente/privato cittadino che non sia dotato di firma digitale prevendendo che spetti al difensore il compito di certificare l’autografia della sottoscrizione di costui. Sul punto va detto che l’iter procedimentale non è esente da difficoltà di gestione, posto che prevede la possibilità che tutte le parti siano collegate da remoto e in posti diversi (previsione necessaria, ad esempio, in caso di soggetti in quarantena) e che pertanto la parte privata debba sottoscrivere un documento, mentre è in collegamento con il proprio difensore (e con gli altri partecipanti all’incontro) e poi trasmettere il documento stesso onde consentire che gli altri partecipanti possano sottoscriverlo. Detto passaggio implica pertanto la presenza di un soggetto dotato di stampante e scanner, il che non è eventualità scontata; è preferibile dunque che, in assenza di restrizioni alla libertà di movimento, difensore e cliente siano collegati insieme, dallo studio del primo, in modo da poter perfezionare in un unico contesto le operazioni di firma analogica, certificazione, firma digitale dell’avvocato e trasmissione del documento alle altre parti.

La mediazione digitale in tempo di covid

La mediazione digitale in tempo di COVID – Prima parte
La produzione normativa in epoca di emergenza sanitaria ha portato alla codificazione di un procedimento ad alto tasso di innovazione digitale, che merita di essere analizzato per le implicazioni che porta con sé in tema di gestione e conservazione documentale.
Il riferimento è al comma 20 bis dell’art. 83 d.l. 18 del 2020, che regolamenta il procedimento di mediazione da remoto con una disciplina destinata a trovare applicazione anche al termine dello stato di emergenza. È utile ricordare che, secondo la norma in esame, gli incontri di mediazione possono svolgersi da remoto, mediante l’utilizzo di sistemi di videoconferenza e con il preventivo consenso di tutte le parti coinvolte nel procedimento compreso il mediatore.
Il legislatore ha anche definito un preciso iter documentale secondo il quale l’avvocato, che sottoscrive con firma digitale il verbale o l’accordo di conciliazione, può dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce ai suddetti documenti. Si prevede poi che il verbale relativo al procedimento di mediazione svoltosi in modalità telematica venga sottoscritto dal mediatore e dagli avvocati delle parti con firma digitale ai fini dell’esecutività dell’accordo prevista dall’articolo 12 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. A tal fine, il mediatore, apposta la propria sottoscrizione digitale, trasmette tramite posta elettronica certificata agli avvocati delle parti l’accordo così formato.


IL CONCORDATO PREVENTIVO

IL CONCORDATO PREVENTIVO
La percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari costituisce requisito di validità della proposta concordataria, al cui riscontro il giudice deve procedere già in sede di ammissione alla procedura
La procedura concordataria «tende […] alla risoluzione della crisi di impresa» ( <ntplusdiritto.ilsole24ore.com/viewer?appid=4239&redirect=false&orig ine=diritto#showdoc/34700879> Cass. civ., Sez. I, 20 febbraio 2020, n. 4329) e consente all’imprenditore commerciale di evitare, mediante la regolazione dei rapporti debitori in maniera concertata con i creditori, che lo stato di crisi evolva in fallimento.
Ciò in ragione della «ravvisata opportunità di privilegiare soluzioni di composizione idonee a favorire, per quanto possibile, la conservazione dei valori aziendali, altrimenti destinati ad un inevitabile quanto inutile depauperamento»
La proposta concordataria deve essere accompagnata dalla relazione predisposta da un professionista indipendente, scelto dal debitore, il quale deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano.
Quanto ai presupposti per l’ammissione alla procedura, la proposta di concordato «deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari» (art. 160, co. 4, L.F

Mediazione obbligatoria

MEDIAZIONE OBBLIGATORIA

La <i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Onl ine/_Oggetti_Embedded/Documenti/2021/04/09/03_APP-MILANO-04-03-2021-712.pdf> Corte di Appello di Milano, Sezione IV civile, con sentenza 4 marzo 2021, n. 712, afferma che lo speciale potere sanzionatorio accordato dal Dlgs n. 28 del 2010 al giudice, a fronte della diserzione dell’incontro programmato avanti all’organismo di mediazione da parte dei contendenti che si siano poi costituiti in giudizio, è un potere officioso il quale deve essere esercitato obbligatoriamente in presenza della condizione legittimante individuata dalla norma, cioè della mancata partecipazione al procedimento senza giustificato motivo.

LOCAZIONI COMMERCIALI E COVID 19

Locazioni commerciali e Covid-19, il lockdown non consente la risoluzione di diritto del contratto
Le mutate condizioni economiche causate dalla pandemia in corso, che incidono sulla produttività di un’attività commerciale, non rilevano sotto il profilo causale del contratto di locazione. Pertanto, non può essere chiesta dal conduttore la risoluzione di diritto del contratto per impossibilità sopravvenuta dell’utilizzazione della prestazione. <i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Onl ine/_Oggetti_Embedded/Documenti/2021/03/06/Tribunale_roma_%20FIDEIUSSIONE%20 COVID.pdf> Ad affermarlo è il Tribunale di Roma con una ordinanza datata 25 febbraio 2021 su un tema molto caldo e destinato ad avere sempre più spazio nelle aule di giustizia. Per i giudici capitolini, quindi, il Covid-19 e la normativa emergenziale che ha imposto il lockdown non possono condurre alla risoluzione dei contratti di locazione. Per il Tribunale, inoltre, se in relazione al contratto contestato vi è un contratto autonomo di garanzia a tutela delle ragioni del locatore, non assumono rilievo nemmeno le questioni sollevate dal conduttore in ordine alla buona fede contrattuale o alla mancata rinegoziazione del contratto.